Casa familiare per il figlio anche se nato fuori dal matrimonio

Casa familiare per il figlio anche se nato fuori dal matrimonio
«No, la casa non si assegna per premiare o punire i genitori, ma per proteggere il luogo in cui vostro figlio è cresciuto. Che voi siate stati sposati o conviventi, per il giudice conta solamente tutelare il minore».
Il quadro normativo: dalla filiazione al godimento della casa familiare
La prima premessa è ormai acquisita: nel nostro ordinamento non esiste più alcuna distinzione di status tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio, come chiarito dall’art. 315‑bis c.c. e dalla complessiva revisione della filiazione. Questo principio di eguaglianza sostanziale si riflette direttamente sul regime della casa familiare, che non può essere differenziato solamente sulla base del possedere o meno un vincolo coniugale.
L’art. 337‑sexies c.c. stabilisce che il godimento della casa familiare è attribuito «tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli», disposizione che, per espressa previsione dell’art. 337‑bis c.c., opera tanto nei procedimenti di separazione e divorzio, quanto in quelli relativi ai figli nati fuori del matrimonio. Ne deriva che l’assegnazione dell’abitazione familiare al genitore convivente con il minore non è una misura “coniugale”, ma uno strumento di protezione del figlio, a prescindere dalla forma della relazione di coppia.
L’orientamento della Cassazione: centralità dell’habitat del minore
La giurisprudenza di legittimità ha progressivamente chiarito che l’assegnazione della casa familiare non è un mezzo di riequilibrio patrimoniale tra i genitori, ma una misura funzionale alla tutela dell’habitat domestico del minore. In questa prospettiva, la Corte ha affermato che il giudice deve guardare unicamente al concreto interesse del figlio a permanere nell’ambiente in cui si sono radicate relazioni affettive, scolastiche e sociali.
In una recente pronuncia, la Cassazione ha ribadito che «la decisione sull’assegnazione della casa familiare deve essere guidata unicamente dall’interesse del minore a conservare l’habitat domestico, a prescindere da qualsiasi valutazione sull’equilibrio patrimoniale tra i genitori». È una formula volutamente netta, che respinge ogni tentativo di “traslare” sul terreno dell’abitazione questioni che devono trovare soluzione, semmai, nell’assegno di mantenimento o in altri strumenti economici.
