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Casa familiare per il figlio anche se nato fuori dal matrimonio

Casa familiare per il figlio anche se nato fuori dal matrimonio

05 Dic 2025

«No, la casa non si assegna per premiare o punire i genitori, ma per proteggere il luogo in cui vostro figlio è cresciuto. Che voi siate stati sposati o conviventi, per il giudice conta solamente tutelare il minore».

Il quadro normativo: dalla filiazione al godimento della casa familiare

La prima premessa è ormai acquisita: nel nostro ordinamento non esiste più alcuna distinzione di status tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio, come chiarito dall’art. 315‑bis c.c. e dalla complessiva revisione della filiazione. Questo principio di eguaglianza sostanziale si riflette direttamente sul regime della casa familiare, che non può essere differenziato solamente sulla base del possedere o meno un vincolo coniugale.​

L’art. 337‑sexies c.c. stabilisce che il godimento della casa familiare è attribuito «tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli», disposizione che, per espressa previsione dell’art. 337‑bis c.c., opera tanto nei procedimenti di separazione e divorzio, quanto in quelli relativi ai figli nati fuori del matrimonio. Ne deriva che l’assegnazione dell’abitazione familiare al genitore convivente con il minore non è una misura “coniugale”, ma uno strumento di protezione del figlio, a prescindere dalla forma della relazione di coppia.

L’orientamento della Cassazione: centralità dell’habitat del minore

La giurisprudenza di legittimità ha progressivamente chiarito che l’assegnazione della casa familiare non è un mezzo di riequilibrio patrimoniale tra i genitori, ma una misura funzionale alla tutela dell’habitat domestico del minore. In questa prospettiva, la Corte ha affermato che il giudice deve guardare unicamente al concreto interesse del figlio a permanere nell’ambiente in cui si sono radicate relazioni affettive, scolastiche e sociali.​

In una recente pronuncia, la Cassazione ha ribadito che «la decisione sull’assegnazione della casa familiare deve essere guidata unicamente dall’interesse del minore a conservare l’habitat domestico, a prescindere da qualsiasi valutazione sull’equilibrio patrimoniale tra i genitori». È una formula volutamente netta, che respinge ogni tentativo di “traslare” sul terreno dell’abitazione questioni che devono trovare soluzione, semmai, nell’assegno di mantenimento o in altri strumenti economici.

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